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CAZZOEULA

CAZZOEULA

Come tutti i piatti tradizionali, anche questo è oggetto di controversie appassionate, che vertono soprattutto su questi punti: se la cazzoeula vada consumata il giorno stesso in cui è stata preparata oppure, riscaldata, il giorno dopo; se le verze debbano essere completamente disfatte o ancora “riconoscibili”; se è corretta l’aggiunta di un po’ di concentrato di pomodoro, o comunque di poco pomodoro; se gli insaccati devono comprendere la luganiga oppure solo gli specifici salamini “delle verze”.
Io risponderei così: va consumata il giorno dopo, riscaldata (se riuscite a trattenervi dall’assalto per 24 ore); le verze debbono essere “riconoscibili”, il disfacimento totale (e un po’ troppo odorifero) riguarda le verze “gelate” (attenzione, non “brinate”) che una volta, per economia, si usava consumare lo stesso ma che si sfacevano subito al calore; perché non usare anche la luganiga che, nome a parte, è tanto legata alla nostra tradizione?; il pomodoro è con noi da un secolo e più, ormai fa parte della famiglia o, per lo meno, è un ospite abituale.
La miglior formula di cazzoeula che io abbia mai assaggiato è quella della signora Anna Zetta De Righi e la trascrivo come trasmessami dalla figlia Enrica, ottima cuoca a sua volta.

Per 6 persone

Procurarsi 2 codini, 2 orecchie, 1 piedino, 3 cotenne, tutto pulito e raschiato come oggi si usa; poi 8 costine (ossia puntine, spuntare di costa), 8 costolette; 4 “salamitt di verz” di quelli accostati a due a due da una strozzatura; 30 cm di luganiga monzese.

Pesare tutto insieme e procurarsi altrettanto peso di verza “brinata”, cioè irrigidita dalla brina, ma non “gelata”.

In pentole separate cuocere in acqua bollente salata il piedino per 15 minuti, le orecchie per 12, i codini e le cotenne per 10, i “salamitt” per 7 o 8; buttare l’acqua e il grasso e riservare la carne. In tegami separati mettere a fuoco dolcissimo costine, costolette e luganiga arrotolata per far loro buttare il grasso senza colorire; i salumi devono naturalmente essere bucherellati con uno spiedino (non con una forchetta) perché il grasso esca.

La separazione delle varie cose non è una fisima, ma è l’unico sistema perché non si accavallino gli specifici aromi: naturalmente si può usare un’unica pentola e un unico tegame lavandoli ad ogni successiva sgrassatura.
“Sfogliare le verze, tagliare in due le foglie più grandi, metterle a sbollentare per circa 3-4 minuti in acqua bollente salata, poi scolarle. In una casseruola di dimensioni adeguate far “palpare” in 60 g di burro 2 belle cipolle tritate.
Unirvi dopo 10 minuti 2 belle carote pulite e affettate sottili, 2 coste di sedano spezzettate, 2 pomodori da salsa tritati.
Far appassire anche loro, poi mettere piedini, orecchie, codini, cotenne. Mescolare bene, aggiungere 1 bicchiere di vino bianco secco e farlo sfumare a metà, poi unire tutta l’altra carne.

Far cuocere per mezz’ora, poi unire verze, salamini e luganiga e far cuocere finché le verze sono tenerissime, ma non sfatte (tra 20 minuti e mezz’ora). Cuocere coperto, ma mescolare sempre: il fuoco deve essere basso.

Alla fine la carne deve tendere a staccarsi dalle ossa, le verze devono essere, l’abbiamo detto, tenerissime, il sugo presente ma colloso.
Le quantità indicate si basano sul principio che ogni ospite deve poter avere il suo pezzetto di ogni cosa, e che la verza deve essere abbondante.

Con procedimento simile si può fare anche con l’oca.”

da “La cucina dei Milanesi” di Marco Guarnaschelli Gotti

La cucina dei milanesi

Una ricetta e una regione al giorno – da 01/01/2019

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