I FUNGHETTI DI OFFIDA
È esclusivamente offidano questo dolce incredibile e semplicissimo. Lo preparavano per il 3 di maggio, in occasione dei festeggiamenti del miracolo eucaristico della Santa Croce e per la grande fiera che iniziava otto giorni prima e finiva otto giorni dopo. In quei giorni c’era sempre un gran via vai di pellegrini, per lo più rignicoli di Lanciano; così venivano chiamati dai papalini, quelli che appartenevano al vicino Regno delle due Sicilie.
Un miracolo
Capitò nel 1273 a Lanciano. La storia è quella di una certa Ricciarella che, non potendone più di essere maltrattata e bastonata dal marito, si rivolse per trovare rimedio ad una fattucchiera del luogo. E così successe che dietro suo consiglio, Ricciarella andò in chiesa a fare la Comunione, ma stette bene attenta a non ingoiare l’ostia, anzi, la conservò in un fazzoletto e la portò di corsa a casa, dove la mise in una padella a soffriggere con un po’ d’olio.
A questo punto avvenne il fenomeno straordinario; l’ostia, che era consacrata, cominciò a lievitare e si trasformò in un pezzo di carne grondante sangue. La poveretta non riusciva a trovarvi riparo. Con un panno tentò di tamponare il sangue che traboccava da tutte le parti, ma vedendo che era impossibile, avvolse quella cosa e andò a nasconderla tra la paglia della stalla.
La sera, il marito ritornò a casa adirato come al solito. Si diresse dapprima verso la stalla per rimettere il mulo, ma sul momento d’imboccare l’uscio, il mulo s’impennò e si rifiutò di entrare. A nulla valse spingerlo e bastonarlo, anzi alla fine l’animale flesse le zampe anteriori e s’inginocchiò. Alla vista di quella scena, il marito s’impaurì così tanto che scongiurò la moglie di dirgli, per l’amor di Dio, che cosa c’era nella stalla. Era così terrorizzato che le promise di non picchiarla mai più se gliel’avesse detto.
La storia andò avanti; Ricciarella confessò il grave fatto al marito ed in seguito ad un frate di Offida che le diede consiglio e le spiegò quello che bisognava fare. Così, seguendo le istruzioni del frate, il marito dovette partire per Venezia con l’oggetto del miracolo per far costruire un bellissimo reliquiario a forma di croce. Attraversò tante peripezie, la storia è lunga, accaddero tanti fatti misteriosi, ma poi, alla fine, la Santa Croce contenente la reliquia approdò ad Offida; dove ancora oggi viene conservata e venerata.
Ora, il motivo per cui proprio questo strano dolce chiamato “funghetto” celebra il miracolo è a noi misterioso; ma una ragione dovrà pur esserci!
Impastate insieme un chilo di zucchero, un chilo e 80 grammi di farina, due decilitri d’acqua e un po’ di essenza d’anice. Con questo impasto, che deve risultare omogeneo e consistente, formate tante palline del diametro di tre centimetri circa; adagiatele sopra una spianatoia infarinata e lasciatele ad essiccare per un paio di giorni o tre.
Scegliete un posto asciutto e caldo, oppure al sole, se è bel tempo. Le palline saranno pronte quando vedrete che la superficie sarà diventata completamente bianca e al tatto le sentirete dure come argilla secca.
Procuratevi dei cerchietti di legno o di ferro e sistematevi dentro le palline a gruppi. Infornate a temperatura molto alta e lasciate cuocere per mezz’ora. Quello che avviene nel forno è molto curioso; la superficie delle palline rimane bianchissima e dura, ma l’interno, poiché è più morbido, cuocendo si espande un po’ e fuoriesce, unendo così l’una all’altra le palline e assume un colore bruno.
L’effetto è quello di tanti funghetti bianchi sulla terra scura.
Il gusto è semplice e molto particolare; bisogna avere i denti buoni perché sono molto croccanti.
È quasi un gioco; le palline rimangono curiosamente vuote e quando si rompono fra i denti sprigionano un forte aroma d’anice.
da “La cucina picena e delle Marche” di Beatrice Muzi e Allan Evans