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MINESTRONE

Non è la “regina”, bensì il “re” (le femministe non ce ne vogliano) dei “primi” della cucina genovese.

La sua caratteristica è la densità, che si deve raggiungere solo con la lenta cottura, a fuoco moderato, delle verdure. Per questo il minestrone va seguito e rimestato, per evitare che si attacchi oppure, bruciandosi sul fondo, assuma lo sgradevole sapore di “fumo”, cioè di bruciaticcio.

Il minestrone alla genovese ha anche altri piccoli, ma non trascurabili, segreti che corrispondono a regole ferree da seguire alla lettera.

In primo luogo occorre ricordarsi che si tratta d’un minestrone di verdure “sfatte” da sole (il “passato” è estetico, ma non rigoroso) e che non vuole assolutamente alcun soffritto e nessun ingrediente che abbia a che fare con grassi animali o carni (mai usare i dadi; è un sacrilegio).

In secondo luogo la tradizione ottocentesca vuole che mentre la pentola sobbolle siano gettate nella verdura una o 2 croste di parmigiano ben raschiate. Cuociono lentamente, danno sapore e non si disfano.

È piacevole tagliarle, ormai ammorbidite, con il coltello, mentre si consumano (il minestrone è un rito e richiede una partecipazione fitta di amici e familiari) le ultime cucchiaiate.

In terzo luogo, come s’è detto, il pesto (senza pinoli e anche più ruvido di sapore) deve essere aggiunto al momento di levare la pentola dal fuoco.

Il pesto deve verdeggiare e non deve “cuocersi”, perché perderebbe la sua fragranza che si sprigiona solo “a crudo”.

ingredienti (le quantità variano a seconda del numero dei commensali)

  • Patate, piselli, zucca mantovana, cavolo cappuccio, fave, zucchini, fagiolini
  • Melanzane (altre verdure possono variare a seconda della stagione)
  • Sedano, prezzemolo, aglio, carota, cipolla
  • Fagioli (sia cannellini, sia borlotti)
  • Pomodori (uno o due, al massimo)
  • Olio d’oliva e pesto
  • Croste di parmigiano

La verdura, mondata e tagliata a tocchetti (cipolla, aglio, prezzemolo e sedano possono essere battuti a parte e aggiunti durante la cottura), viene gettata tutta insieme in una capace pentola piena d’acqua che bolle (un chilo e mezzo di verdure per 2 litri-2 litri e mezzo d’acqua).

La prima fase di cottura, per qualche minuto, dovrà essere gagliarda. Poi si modererà il fuoco e si lascerà sobbollire, tenendo la pentola coperta.

È bene, di tanto in tanto, rimestare il minestrone, per evitare che la verdura disfatta si attacchi al fondo della pentola. A metà cottura, aggiungere un bicchiere di olio d’oliva, le croste di formaggio e il sale grosso.

Con il mestolo e un cucchiaio schiacciare grossolanamente le patate e i fagioli per addensare gradatamente il minestrone.

Quando nella pentola le verdure sono quasi sfatte e l’insieme è denso e cremoso, si butta la pasta (mezz’etto o anche 30 grammi a testa): bricchetti, scucusu, tagliatelli, spaghetti spezzati, maccheroncini rigati o lisci (mostaccioletti), a piacere.

Quando la pasta è cotta si toglie dal fuoco e si aggiunge il pesto, rimestando con un mestolo di legno, e si versa in capaci fondine. Ideali quelle in terracotta di Albissola, dette “xatte”.

La regola e la tradizione vorrebbero che il minestrone si consumasse tiepido, dopo un quarto d’ora di riposo nelle fondine.

da “La cucina dei Genovesi” – Paolo Lingua

copertina La cucina dei Genovesi

Una ricetta e una regione al giorno – da 01/01/2019

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