RISO CON IL PREBOGGION
Qui si ricorda soltanto che si tratta forse dell’unica vera minestra “storica” genovese d’entroterra.
Procuratevi dunque quattro mazzi di “preboggion” e lavateli e tritateli molto finemente, quindi fateli cuocere per mezz’ora in 3 litri d’acqua salata.
Aggiungete un chilo di riso e lasciate bollire a fiamma viva per altri cinque minuti.
Preparate a parte un pesto senza pinoli e diluitelo con un po’ d’acqua di cottura.
Versate nella pentola metà del pesto e lasciatelo cuocere altri 10 minuti.
Versate la minestra in una zuppiera e aggiungete il pesto rimanente e del parmigiano.
Rimestate e servite caldissimo.
A questo punto occorre una nota: il piatto non è facile, perché occorre ottenere un risultato a metà tra una minestra e un risotto.
C’è sempre quindi il rischio di ottenere un composto troppo asciutto o troppo brodoso. La prima volta il risultato non sarà perfetto, ma, con l’esperienza, questo piatto (oggi si può aggiungere anche dell’olio crudo al momento di servire: non è, però, un uso dei parsimoniosi Genovesi) potrà essere uno squisito e originale cavallo di battaglia delle vostre cene rustiche.
Una variante “asciutta” del riso con il preboggion è il “risotto Taviani”, elaborato, sulla base d’una tradizione rivisitata, dallo stesso senatore Paolo Emilio Taviani, che è un cultore dei costumi dell’entroterra ligure. È un piatto singolare.
Occorre bollire in una grande quantità d’acqua: borragine (in abbondanza), ortica, salvia, sedano, prezzemolo, maggiorana, rosmarino, alloro, timo, ginepro, carota e cipolla.
L’acqua deve assorbire, con la lunga cottura, i gusti, gli aromi e le sostanze delle erbe e delle verdure. Così, va colata e separata dai residui solidi.
Nell’acqua, ormai color verdolino, si farà cuocere il riso (a seconda dei commensali) e lo si scolerà al dente, condendolo con una salsa composta di burro, formaggio, olio, basilico e prezzemolo crudi e tritati.
È un ibrido, ma la “radice” è forse filologicamente corretta: nell’entroterra era diffusa la cottura del riso (quando era possibile approvvigionarsene) nell’acqua delle verdure “povere”, come la borragine e l’ortica.
da “La cucina dei Genovesi” – Paolo Lingua