Descrizione
In questo libro tutti i retroscena e aneddoti di un maestro indiscusso dell’arte del Novecento.
La vita di Amedeo Modigliani, Dedo, Modì, maudit (maledetto) come lo chiamavano a Livorno e Parigi, un vero genio, provocatorio, scandaloso, uno squattrinato dai modi gentili, raccontata dal suo concittadino Aldo Santini.
Modì pittore maudit (maledetto)
Solo ora, cento anni dopo che è nato, Livorno ha sbandierato la gloria di Modigliani, autentica o rivedibile che sia. Ma bisogna parlare senza ipocrisie, una buona volta.
Fino a ieri Livorno, o almeno una certa Livorno, quella più legata ai valori pittorici tradizionali, ha tenuto Modigliani fuori dell’uscio, lo ha considerato il prodotto di una montatura letteraria, e quasi se n’è vergognata, di lui e della sua fama equivoca, della sua esistenza irregolare, della sua ubriachezza continua, della sua bohème suicida: della sua maledizione. Modì pittore maudit (maledetto).
Un’etichetta retorica, seppur luccicante di ambiguo esotismo.
Aldo Santini, 1984
Modigliani e Livorno non si capirono mai. Il giovane Modigliani era troppo più avanti, per gusto e per cultura tramandata, respirata in casa, dei giovanotti che con lui imparavano a disegnare e a dipingere nella scuola di Guglielmo Micheli: i Romiti, i Martinelli, i Sommati, i Vinzio, i Lloyd. Ammirava Fattori e i macchiaioli ma intuiva chiaramente che appartenevano al passato, alla storia, com’è nella logica dei buoni movimenti artistici. Intuiva che la Livorno della tavolozza era rimasta inchiodata all’Ottocento, che la grandezza del Fattori condizionava il suo allievo di base a Livorno, il Micheli, e quindi gli allievi dell’allievo, lui escluso beninteso. Intuiva che il Novecento, ancora da inaugurare, era già aperto a espressioni più avanzate, a temi nuovi. Intuiva che era necessario un cambiamento radicale: che si doveva voltare pagina.