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Leggende del popolo armeno – Sivazliyan

C’era una volta in Armenia

da “Agorà” di Avvenire – 17 aprile 2015

C’era una volta in ARMENIA

ANTONIA ARSLAN

Percorrerre questo libro è come addentrarsi in una foresta affascinante e un po’ selvaggia, fra alberi sconosciuti, sotto un cielo ignoto. Certo, sono alberi: ma hanno foglie di forme strane, e i versi degli animali che vi abitano non si sono uditi mai. E nel cielo al di sopra del fitto fogliame risplendono stelle sconosciute… Fuor di metafora (anche se libri e foglie d’albero hanno davvero strani legami), ho letto alcune di queste fiabe e leggende per la prima volta molti anni fa, quando di Armenia e di armeni non si parlava proprio; a volte la gente confondeva persino armeni con rumeni Oggi le ho ritrovate e rilette in questa nuova e più ampia edizione, una dopo l’altra quasi senza interrompermi, con un incanto rinnovato, che il tempo trascorso ha reso solo più profondo.
Come in ogni raccolta di racconti popolari che si rispetti, ci sono re e principi, maghi e cantastorie, folletti ubiquitari e vecchine sapienti; ci sono paesaggi senza fine e trame intricate, ma che spesso si somigliano, pur differenziandosi in infinite varianti. Ci sono viaggi iniziatici, pastori che si rivelano principi e bellissime giovani donne stregate: e tuttavia un’aria strana circola in ogni storia, rende ogni pagina leggermente inquietante. Non perché abbondino i particolari orrorosi o le vicende di fantasmi, ma perché sono i modi di essere dei lettori-ascoltatori ad essere differenti, immersi nel grande antico flusso delle storie orientali.
Anche fra gli armeni, come doverosamente avverte la prefazione del curatore Baykar Sivazliyan, ci sono molte differenze, di ambiente, di cultura e di lingua: dagli abitanti dell’altopiano orientale del Caucaso a quelli delle campagne occidentali della Cilicia, siano essi pastori o montanari o contadini, ciascun gruppo sviluppò le proprie storie, da raccontare accanto al fuoco nelle sere d’invemo o all’aperto, nelle notti tiepide d’estate.

TRADIZIONI


Una raccolta fa rivivere questo straordinario patrimonio fantastico. Tra gli autori spicca Mekhitar Kosc, quasi un Esopo orientale


Qui, nella prima parte, ne troviamo alcune classiche della regione del Mussa Dagh, la “montagna di Mosè” del celebre romanzo di Franz Werfel), successo mondiale negli anni Trenta appena riproposto da Corhaccio. L’ebreo austriaco Werfel diede voce in questo libro all’epopea del salvataggio dei sette villaggi della grande montagna, che si ribellarono alla deportazione e riuscirono a resistere per quaranta giorni sul monte a picco sul mare Egeo, finché furono salvati dalle navi francesi. Tristi furono comunque le loro vicende: oggi, dopo cent’anni, un solo villaggio è ancora abitato da armeni. E tuttavia le loro storie, come le leggiamo in questo libro, sono incantevoli, piene di saggezza e di umorismo. Bizzarre e imprevedibili fino dai titoli (“È più saggio chi ha vissuto di più o chi ha viaggiato di più?”; “Chi scava un pozzo ci cade dentro”), si leggono con la gioia della scoperta e con il divertimento della sorpresa. Ognuna finisce con la sua “morale” che sembra spesso inaspettata, per poi incontrarsi perfettamente nello svolgersi del racconto.
La parte più curiosa e originale è la raccolta di storie di animali dal Libro delle favole di Mekhitar Kosc. Siamo nel XII secolo, e l’autore è noto soprattutto come giurista e legislatore: ma da queste favole traspare uno spirito così vivace ed arguto, una conoscenza così vasta e sottile dei costumi e dei ragionamenti di questi animali |e perfino verdure!) antropomorfi eppure buffamente autentici, che il lettore è a ogni pagina spiazzato, divertito e un po’ confuso: un Esopo orientale, con l’anima di un folleno capriccioso. Sono tante perfide piccole storie puntute, frutto di una saggezza pacata e sorridente, ma anche maliziosa, che si leggono velocemente, e poi si rileggono un po’ turbati, riflettendo: e allora non escono più di mente la sciocca frase della colomba nel “Falco e la colomba”, il fallito matrimonio fra il gufo e l’aquila, o la splendida, icastica “II cetriolo e il melone”, cul dialogo surreale fra il cetriolo canterino e il melone sussiegoso. Il mondo vive in un fantastico equilibrio fra le varie schiatte dei suoi abitanti: è Pasqua, uomini e animali vanno in chiesa, e il prete goloso assolve lo sparviero e l’anitra selvatica che gli portano dei succulenti uccelletti; la rondine furba si serve di un ciuffu di peli di gatto per difendere il suo nido dai topi; il leone di buon cuore rimane affamato Ma i difetti degli uomini sono condivisi dagli animali le capre disapprovano la sensuale camminata delle pecore non per modestia ma perché le invidiano, e vorrebbero essere come loro. E anche Platone tenta invano di educare un elefantino; gli tocca restituirlo a suo padre, tutta la sua bravura di maestro non basta… E allora l’incantato lettore non vorrebbe mai chiudere la raccolta di queste storie colorate e fantasiose.

LEGGENDE DEL POPOLO ARMENO
Baykar Sivazliyan – Scilla Abbiati (a cura di)
Tarka / Fattoria del Mare. Pagine 214 Euro 16

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