PONCE ALLA LIVORNESE
ingredienti
- Caffè
- Rum
- Zucchero
- 1 scorza di limone
Per avere un buon ponce alla livornese, oggi, è importante osservare il procedimento usato dal “Bar Civili” di via del Vigna, un locale senza lussi ma efficiente e attento alle tradizioni.
Bicchiere. Largo e basso, di vetro spesso, quello da vino delle fiaschetterie toscane. Ci si spreme un caffè con una dose ricca di polvere, di qualità superiore. Il caffè deve riempire per metà il bicchiere
Aggiungere lo zucchero desiderato. Sciogliere lo zucchero con il vapore della macchina, o della macchinetta se lo fate in casa. Questo serve anche a innalzare la temperatura del caffè. Riempire il bicchiere con il rum da correzione. Tocco finale con una scorza di limone.
I rum di pregio delle Antille non vanno bene. È indispensabile un rum scuro, confezionato apposta per i ponci, relativamente denso, che faccia presa sul caffè. Un tempo il rum era irrobustito e aromatizzato con la mastice. Poi lo rinforzarono con il “caramellato” (alcol e zucchero), ma il “caramellato” era proibito dalla legge e i vecchi artigiani dei ponci tenevano il “caramellato” nascosto in casa, fuori della loro bottega, e lo mescolavano con il rum clandestinamente.
Il ponce alla livornese è chiamato anche “torpedine” o “bomba”. E questo dà l’idea di una bevanda da kappaò. Invece il ponce autentico deve essere armonioso e persuasivo, in un certo senso perfino delicato. Piacevole, insomma. Al “Bar Civili” commentano: “Sembrerà incredibile ma tra i nostri avventori ci sono perfino molte signore.
Vanno a pranzo nei ristoranti qui intorno e poi vengono a bere il ponce da noi, con i loro mariti e amici, specialmente d’inverno. Le vedesse, tutte impellicciate, con il bicchiere del ponce in mano, come lo sorseggiano volentieri, tenendo il mignolo alzato!”.
Zuccherare in anticipo è il presupposto anche per un ottimo cappuccino.
Nei bar è sempre più difficile bere un cappuccino che non sia un mediocre caffellatte. Pure in questo il Bar Civili è di esempio.
Mette prima il latte nel bicchiere (niente tazza, per carità!), aggiunge lo zucchero desiderato, lo scioglie con il vapore e ci spreme sopra il caffè. Provare per credere.
A Livorno, nel passato, di un tipo con la raucedine si diceva: “C’ha la voce arrochita dai ponci”.
da “La cucina livornese” – Aldo Santini