VITELLO TONNATO
Si cuoce un pezzo di fesa di vitello con acqua, cipolla, sedano, carota, una foglia di lauro, limone e aceto. Si compone una salsa di ventresca di tonno passato allo staccio con un poco d’acciuga e capperi.
Si mette la salsa in un recipiente mescolandola con olio, aceto, limone, pepe e sale.
Finito tutto si prende il vitello freddo, si taglia a fettine sottili, si dispone sovra un piatto poi si asperge con la salsa sopra detta, capperi, acciughe dimezzate e fette di limone”.
Ci saranno stati soccorsi piemontesi? O tutto si è svolto in un lavorio di vent’anni nella cucina di casa, tra le impazienze e le occhiatacce di cuoche e sguattere, e forse qualche brontolio coniugale, sempre più frenetiche annotazioni, fin quando la tenace parente avrà potuto esclamare “eureka!” come Archimede, e tutti furono felici e contenti? Rimane solo la testimonianza di una tenacia di ricerca che si è svolta attraverso ben 5 ricette, a giudicare dalla collocazione in un taccuino anche un po’ sfogliato, successive.
E oggi, a un secolo e mezzo circa di distanza, come fanno i Milanesi il vitello tonnato o “vitel tonné”?
In due modi, che differiscono praticamente solo per la quantità di liquido impiegata nella cottura della carne: il primo risulta in una specie di umido, il secondo in uno di quegli arrosti lentissimi di coloritura appena paglierino e che cuociono solo per l’umidità emessa nel chiuso assoluto della casseruola coperta, così caratteristici della cucina milanese. Trovandolo più tipico, scelgo il secondo.
Per 8 persone:
prendere 700 g (sempre se si usa come antipasto) di fesa di vitello, batterla e maneggiarla un po’ per darle una forma che favorirà poi l’affettamento.
Tagliare a pozzetti ½ cipolla, 1 costa di sedano, 1 carota, metterli sul fondo di una casseruola con coperchio a perfetta tenuta insieme a 30 g d’olio extravergine d’oliva ligure, 1 foglia fresca d’alloro, ½ dl di vino bianco a forte acidità (una volta si usava acqua e aceto), sale, pepe bianco in grani.
Mettervi sopra la fesa, chiudere ermeticamente e far cuocere a fuoco impercettibile per un’ora e un quarto, aprendo solo un paio di volte per voltare la carne, ma scolando dentro il liquido di evaporazione aderente al coperchio.
A questo punto la carne dovrebbe essere morbidissima. Riservarla. Scolare in una ciotola il fondo di cottura, mescolarvi 2 cucchiai delle verdure cotte con la carne, unirvi 120 g di ventresca di tonno scolata, 3 acciughe dissalate e sfilettate, un bel pizzico di capperi dissalati e tritati, il tuorlo d’un uovo sodo.
Passare tutto a un passaverdure fine a manovella, poi frullare (una volta era mortaio più cucchiaio di legno) aggiungendo man mano, come per una maionese, ½ dl d’olio come sopra (o quanto ne assorbe) e poi a filo il succo di 1 limone grosso o 2 piccoli: quest’ultimo elemento è inquantificabile, perché l’acidità giusta della salsa dipende dalle caratteristiche del vino e anche dalla “forza” dei limoni.
Quando la salsa è chiara, omogenea e liscia si affetta la fesa, si dispone su un piatto di portata allungato, si ricopre di salsa e si serve, a temperatura ambiente. Una variante consiste nell’usare tutto il fondo di cottura e le verdure senza aggiungere olio.
da “La cucina dei Milanesi” – Marco Guarnaschelli Gotti