“VINCISGRASSI”
“VINCISGRASSI”
Preparate una pasta con cinque uova e mezzo chilo di farina tipo zero.
Una volta stesa la sfoglia col matterello, uguale a quella che fate per le tagliatelle, tagliatela a grosse lasagne di circa 15 x 20 cm, lessatene poche alla volta nell’acqua bollente e appena salata per un minuto; poi scolatele e passatele un attimo nell’acqua fredda, scolatele ancora e distendetele sopra una sparra (strofinaccio) o una tovaglia dove si asciugheranno velocemente.
Disponete tutto il necessario per il ripieno sul tavolo dove avete già pronte le lasagne.
Avete bisogno di una ciotola con del ragù di carne (vedi ricetta di seguito) appena fatto e ricco di carne macinata, una ciotola di spinaci sminuzzati che avrete fatto appassire in una noce di burro con una leggera spolverata di noce moscata e un pizzico di sale, un etto e mezzo di funghi porcini secchi rinvenuti in acqua e trifolati nell’olio e prezzemolo, due etti di mozzarella tagliata a dadini, un quarto di litro di besciamella (vedi ricetta) che avrete preparato, due etti di parmigiano grattugiato e un quarto di latte tiepido.
Sul fondo leggermente imburrato di una teglia versate omogeneamente, servendovi di un cucchiaio di legno, un po’ di tutti gli ingredienti esclusa la mozzarella, coprite con uno strato di lasagne, versate ancora un po’ di tutti gli ingredienti, questa volta un po’ più abbondantemente, ricoprite ancora con un altro strato di lasagne e così via; continuate alternando composto e sfoglia fino all’ultimo strato, dove non metterete la mozzarella perché si brucerebbe, in compenso aggiungete un po’ più di latte.
Un suggerimento è quello di tagliare ora le porzioni a forma di rettangoli, così eviterete di rovinare la superficie quando sarà cotta e un po’ croccante.
Mettete in forno, già caldo a circa 200°, molto meglio se è a legna. Dopo circa 45 minuti accertatevi che la superficie sia bella dorata e sfornate.
IL RAGÙ DI CARNE
Ecco il condimento protagonista di tanti primi piatti, espressione di sapienza culinaria delle vecchie vergare; trionfante sulle tagliatelle della domenica, indispensabile per i vincisgrassi e i cannelloni.
In una grande casseruola mettete a rosolare con un battuto di lardo un bel pezzo di magro di manzo, possibilmente muscolo, avvolto stretto a spirale in un filo robusto di cotone, qualche cartilagine dello stesso animale, alcune parti del pollo quali il magone, le zampe, il collo privo di sangue e la testa. Se potete aggiungete anche dell’anatra, del tacchino o dell’oca.
Come il brodetto, che vuole tante quantità di pesce, il ragù è migliore se cucinato con una maggiore varietà di carni.
Unite anche un paio di carote intere, una cipolla con infilzati un paio di chiodi di garofano, una costa di sedano e qualche spicchio d’aglio con tutta la buccia.
Fate cuocere lentamente e a lungo, fino a quando il tutto ha preso colore, allora versate un bicchiere di vino bianco e coprite.
Quando s’è evaporato completamente, aggiungete i pomodori a pezzi con tutta la buccia ma senza semi; tanti quanti sono necessari a coprire la carne. Naturalmente, quando la stagione non lo permette, si possono usare i pomodori conservati.
Unite poi un paio di cucchiaiate di conserva di pomodoro, una scorzetta di pecorino o di parmigiano, poi salate e pepate.
Al primo bollore abbassate la fiamma e lasciate cuocere lungamente, per almeno due ore, coperto e a fuoco lento. Di tanto in tanto controllate che non attacchi.
A cottura ultimata, estraete la carne e conservatela coperta e in caldo per il secondo, togliete le carote, il sedano e la cipolla, poi passate il sugo al setaccio.
Riponetelo sul fuoco e aggiungetevi qualche altro pomodoro maturo, spellato, privato dei semi e tagliato a pezzetti.
Fate cuocere per altri dieci-quindici minuti ed è pronto.
Mia nonna iniziava a fare il sugo la mattina presto e lo faceva cuocere a fuoco bassissimo per tre o quattro ore. Ma diceva che il sapore, nonostante la lunga cottura, deve essere fresco; così al momento di unire il pomodoro alla carne, versava nella casseruola solo la metà della quantità stabilita e univa l’altra metà solo nell’ultima mezz’ora di cottura.
da “La cucina picena e delle Marche” di Beatrice Muzi e Allan Evans